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CORRISPONDENZA GUÉNON-EVOLA 

QUARTA LETTERA INEDITA

di RENÉ GUÉNON.

Estratto da “Arthos”.
 19 del 2011.
Edizioni Arŷa, Genova.

Il Cairo, 21 novembre 1933.
 

Caro Signore,
 

ho ben ricevuto le vostre due lettere, ed anche, nell’intervallo, la fine delle bozze. È spiacevole che nessuna delle mie lettere precedenti vi sia pervenuta senza ritardo, le prime due essendo state rispedite a Roma mentre voi non eravate ancora ritornato, e le altre due essendo finite a Capri dopo la vostra partenza. Una cosa che è ancora più incresciosa: sono appena stato gravemente malato, il che mi ha impedito di riscrivervi finora; ho avuto un eccessivo affaticamento degli occhi, sì che per parecchi giorni ho perso completamente la vista; e, benché ora mi sia tornata, non sono ancora in grado di lavorare molto senza affaticarmi nuovamente. Ecco spiegato il mio ritardo, del tutto involontario come vedete; e, con tutto quello che si è accumulato da più di tre settimane, mi chiedo adesso come potrò uscirne e recuperare questo tempo perduto… 
 

Riprendo dapprima qualche punto delle vostre lettere, lasciando da parte, naturalmente, quelli che mi sembrano sufficientemente chiariti. — Prima di tutto, per la parola “ârya””, non penso che il senso che vi ho indicato (e che è in ogni caso il senso reale) sia stato molto spesso considerato dagli occidentali, “positivisti” o no; in ogni caso, cosa su cui non c’è dubbio, sono proprio loro che hanno inventato la pretesa “razza Ariana” (credo che il primo che abbia inventato questa parola debba essere Ad. Pictit). Se volte parlare di “razza spirituale”, si tratta evidentemente di altra cosa; ma allora il termine “razza” non diviene improprio e non rischia di essere mal compreso in generale?
 

Per la questione della celebrazione della nascita o della morte, la spiegazione da voi considerata è effettivamente molto plausibile; insomma, questo potrebbe essere riferito alla considerazione dei due sensi inversi e complementari, l’uno discendente e l’altro ascendente, che intervengono anche in molte altre cose. 
 

Vedo che non mi ero molto ingannato per la “Wildes Heer”, per lo meno quanto al suo primo significato; ma mi domando come sia possibile passare da quello all’altro significato, e se, per quest’ultimo, la stessa espressione esista nel suo senso autentico, voglio dire altrimenti che nelle costruzioni degli “eruditi”; mi pare in effetti che si tratti di due cose completamente diverse. In ogni caso, per quanto riguarda la prima, debbo dire che non è una semplice “concezione popolare”, bensì (quale che ne sia d’altronde la spiegazione) un fenomeno perfettamente reale e veramente assai curioso; l’ho constatato più d’una volta, e pure altre persone di mia conoscenza.
 

Per i cosiddetti “primitivi”, pensavo proprio che dovessimo essere d’accordo; ma, quanto alla difficoltà di trovare un altro termine, quello di “selvaggi”, semplicemente, non è molto meglio?
 

Le usanze islamiche sono osservate ancora, non soltanto in Egitto, ma allo stesso modo in molti altri paesi. Quanto voi dite per la Turchia è esatto, ma quello è un caso eccezionale; la Turchia, del resto, non ha mai rappresentato veramente il mondo musulmano, e attualmente se ne è del tutto esclusa.
 

Per l’Iperborea e l’Atlantide, è senz’altro esatto che rappresentino due fasi diverse nell’insieme del nostro Manvantara, ma si sono avute altre fasi intermedie. Il periodo atlantideo non è tutt’intero nella seconda età, come sembra che pensiate, ma in parte nella seconda e in parte nella terza; al contrario, il periodo lemuriano che l’ha preceduto si colloca interamente nella seconda. Quanto alla non distinzione delle caste nella prima età, penso che debba intendersi in una maniera generale, per l’insieme dell’umanità di quell’epoca, le cui condizioni di erano completamente diverse da quelle da noi conosciute attualmente.
 

Non penso che ci sia interessa rispettare la confusione volgare fra “sacerdozio” e “clero”, tutt’al contrario; e temo proprio che il nome di “regalità” dato a quel che è il vero “sacerdozio” ne aggiunga un’altra non meno incresciosa. Qui, il nostro disaccordo verte sicuramente più sulla terminologia che sulla sostanza, ma penso che ciò abbia nondimeno la sua importanza. D’altra parte voi avete dovuto notare che io mi sforzo sempre, per quanto possibile, di ricondurre i termini al loro senso originario; se si dovessero accettare tutte le deformazioni dovute all’uso corrente, non si avrebbe più in questo modo una parola che fosse suscettibile di esprimere delle concezioni d’ordine superiore.
 

Là dove sussiste un disaccordo più profondo, è per il Buddhismo, di cui non riesco a comprendere come vi sfugga il carattere “democratico”; la sua negazione delle caste non va “al di là” di queste, ma “al di qua”; e la sua eterodossia, da tutti i punti di vista, consiste, non in semplici limitazioni, ma in alcune negazioni formali, poiché esso respinge l’autorità dei Vêda. Questo caso non è assolutamente paragonabile a quello del Cattolicesimo: questo non è nato da un’opposizione ad una tradizione preesistente in Occidente e sempre vivente, come ha fatto il Buddhismo rispetto al Brâhmanesimo; il confronto migliore che si potrebbe trovare nel mondo occidentale, è il caso del Protestantesimo rispetto al Cattolicesimo – Per quanto concerne il Mazdeismo, è evidente che questo scisma, molto più antico, non ha le medesime caratteristiche del Buddhismo; è d’altra parte possibile che ci siano state delle “rettificazioni” successive, come ne è stato il caso per il Buddhismo stesso con il Mahâyâna.
 

Per quanto voi dite a proposito del panteismo, della reincarnazione ecc. , è sicuro che, per lo meno dall’inizio del Kali-Yuga, si siano sempre potute avere deviazioni del genere dovute all’incomprensione; ma, soprattutto dove lo spirito tradizionale ha conservato una forza sufficiente, ha impedito la loro espressione o per lo meno la loro estensione; ed è questo il motivo per cui simili errori non hanno potuto acquisire una reale importanza nel mondo moderno.
 

Non penso assolutamente che, sia India (inclusovi lo stesso Buddhismo), sia in Grecia con l’Orfismo e il Pitagorismo, ci sia mai stata realmente questione di reincarnazione; questa è l’interpretazione moderna, dovuta al fatto che non si sa più, da una parte, comprendere i modi espressivi simbolici, e, dall’altra, compiere certe distinzioni essenziali quanto alla costituzione dell’essere umano. Su quest’ultimo punto, mi permetto di rinviarvi a quanto ho esposto molto ampiamente ne L’ errore dello spiritismo, circa la differenza tra metempsicosi, trasmigrazione ecc., e reincarnazione.
 

Infine, la cosiddetta opposizione fra Apollo e Dioniso mi sembra assai pretestuosa; che qui esistano delle “vie” differenti, non c’è dubbio, ma opposte, è tutt’altra cosa.
 

Qui ancora, sembra trattarsi di un’interpretazione moderna, che soprattutto Nietzsche ha molto contribuito a diffondere.

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