IL MISTERO DEL TEMPO
di EMANUELA CHIAVARELLI.
Estratto da “Arthos”.
N° 26 del 2018.
Edizioni Arŷa, Genova.
Secondo l’induismo, Kalì, dea del divenire il cui volto evoca il teschio solare, genera l’universo per inghiottirlo e riprodurlo ancora richiamandolo verbalmente all’esistenza dalla morte con i Nomi segreti emblemizzati dai 50 crani (le lettere dell’alfabeto sanscrito) che la ornano come i grani di una collana. La Parola, la splendente Vach, Mucca cosmica il cui latte originò la Galassia, permette, quindi, di duplicare il mondo come il pensiero lo riflette riproducendolo, ossia rimembrandolo nel teatro interiore della Mente, motivo che rinvia ancora alla simbolica dei crani cantanti.
Del resto, proprio nell’indù Vach si cela il mistero del “capovolgimento” del processo cronologico e dell’alternanza vita-morte: allorché la splendente Via Lattea perse la sua luce divenendo, per tutti i popoli, il “Cammino dei defunti”, il suo sacro muggito, MUA, si capovolse nella sillaba AUM.
Il nucleo semantico della creazione-dissoluzione-ricreazione che si attua costantemente tramite cicli equiparabili al respiro divino, è sempre celato nel mistero del Tempo che, nella sua ambivalente complementarità Vita-Morte, si dilata propagandosi per espansione in infinite, parallele, “speculari” dimensioni (anche secondo le recenti teorie, tra l’altro, “l’universo assomiglierebbe ad un colossale gioco di specchi”) ripetendo, tramite periodiche inversioni simili ad una sorta di “corrente alternata”, lo schema del medesimo codice.
In effetti, è il Tempo, fluido vitale e sostanza che ha tutto creato, a sonorizzarsi tramutandosi in Parola-Luce, Principio spirituale Cosciente, “Padre” dal quale emana la spazialità di un campo energetico simile alla “danza” da cui, reso concreto ciò che è potenziale, si originerà la materia.
Come gli Alchimisti, tutti i maghi e i sacerdoti di ogni epoca tentarono di intercettare tale dinamismo vitalistico, fuoco segreto definito “Quintessenza”: stato vibrazionale dovuto alle frequenze magnetiche secondarie all’oscillazione molecolare inerente al processo creativo stesso.
Certo non casualmente, la nigredo o putrefactio, prima fase dell’Opera Alchemica, è detta caput morti: testa di morto da cui, come dai simbolici teschi dell’Antenato maya, di Orfeo, della Trimurti, di Osiride, …, si riattiva ciclicamente il processo creativo. Forse a questi oscuri sortilegi finalizzati a dominare magicamente il divenire invertendone – in certe date e durante straordinarie congiunzioni astrali – il corso, si ispirarono i Templari nel culto del Bafometto e dei teschi.
La simbologia della trasformazione del piombo – simboleggiato da Saturno, dio del tempo cupo, “decaduto” della storia – in oro, bene esprime il tentativo di riattualizzare la fase aurea delle origini, ripercorrendo “a ritroso” (metafora espressa dall’oro inverso) la dimensione temporale. La medesima concezione celata nella missione di “riparare ciò che è deteriorato”, è condivisa dai Massoni il cui Tesoriere ha, appunto, il compito di “trasmutare il piombo in oro” rigenerando la trama del Tempo e riattualizzando la perfezione delle origini.
Il “plumbeo” Saturno-Kronos fu, del resto, com’è noto, anche il dio dell’Età aurea. Il suo appellativo ricorda il greco krainò (= “regnare”), termine implicante non solo il “capo” della comunità, ma anche le teste che si appendevano ritualmente agli alberi per favorire la crescita dei frutti fin dalla fase della “raccolta”: la più antica della storia dell’umanità. Il mito della mela strappata nell’Eden parrebbe sottolineare la relazione tra il frutto dorato e un sole perduto, emblema “polare” di un tempo di luminosa perfezione a cui rinvierà sempre la simbolica dei teschi.