RITROVATI I DISCENDENTI DEI ROMANI A GANSU
di CUI BIAN.
Estratto da “Arthos”.
N° 17 del 2009.
Edizioni Arŷa, Genova.
Alcuni archeologi cinesi e stranieri hanno dimostrato che Lijian, città della dinastia occidentale Han (206 a.C. — 23) era situata nell’attuale Zhelaizhai, a 10 km a sud del capoluogo del distretto di Hong Chang, provincia di Gansu. Secondo gli archeologi, nell’antica Cina l’impero romano si chiamava “Lijian” e la città Lijian fu costruita per accogliere un gruppo di prigionieri di guerra romani. Ci si pone la domanda di come questi prigionieri romani siano arrivati in Cina, in quanto non vi era stata mai guerra con l’impero romano, data la grande distanza.
UN ENIGMA DI 2000 ANNI
Questo enigma è rimasto irrisolto per quasi 2000 anni. Esso nacque da una guerra tra l’impero romano e i Parti (attuale Iran). Nel 53 a.C., primo anno dell’imperatore Ganlu della dinastia occidentale Han, il console Marco Licinio Crasso radunò sette legioni di circa 45.000 soldati e scatenò una guerra contro la Parthia. Inaspettatamente, l’arrogante armata romana fu sconfitta in Parthia, Crasso venne fatto prigioniero e decapitato. Oltre 6.000 soldati continuarono a combattere, sia pure con scarsa convinzione, sotto la guida del figlio maggiore, comandante della prima legione romana e ruppero le linee. Nel 20 a.C. l’impero romano concluse un accordo di pace con i Parti e richiese la restituzione dei soldati prigionieri. Ma i soldati sopravvissuti non furono mai trovati in Parthia. Dove erano finiti? Questo tentativo ha fatto impazzire non solo gli storici romani, ma anche altri di tutto il mondo.
COLONIA CINESE
Già negli anni quaranta di questo secolo, gli studiosi stranieri si sono occupati di questo quesito. Fu scritto un articolo in cui si accennava che la Cina era il paese che assegnava alla maggior parte degli insediamenti il nome del paese di origine degli immigranti. Naturalmente anche l’esistenza di Lijian era legata all’origine dei suoi immigranti. Successivamente e per la prima volta, Lijian venne menzionata su una carta topografica della dinastia occidentale Han nel 20 a.C., anno in cui l’impero romano chiese ai Parti di rimpatriare i propri prigionieri di guerra. Questa non fu assolutamente una coincidenza storica. Ciò dimostra che i soldati romani che avevano attraversato le linee erano arrivati in Cina e si erano insediati ai piedi del Monte Qilian. Negli ultimi anni, gli studiosi stranieri e cinesi hanno consultato un grosso numero di libri storici, grazie all’aiuto dei responsabili del settore nella provincia di Gansu. Essi hanno effettuato un confronto fra le fonti occidentali e quelle cinesi ed hanno finalmente trovato un punto saldo per la soluzione del quesito, in una biografia su Chen Tang nella “Storia della dinastia occidentale Han” scritta da Ban Gu, storico della dinastia orientale Han (25- 220). Secondo le indicazioni della “Storia della dinastia occidentale Han”, Gan Yanshou e Chen Fang, due generali delle truppe della dinastia occidentale Han stanziate nelle regioni occidentali (definizione delle regioni Yumen, inclusi Xinjiang e parte dell’Asia centrale) nel 36 a.C., con oltre 40.000 soldati, guidarono una spedizione contro Zhizhi (oggi Dušanbe in Tagikistan). Lì scoprirono un forte esercito in una città circondata da enormi blocchi di legno. I soldati si disposero in formazione con i loro scudi circolari che sembravano scaglie di pesce. Solamente le truppe romane costruivano fortezze con grossi blocchi di legno e combattevano in formazione a scaglie. Gli storici dai loro studi trassero la conclusione che questa insolita armata era costituita dai resti delle truppe romane sconfitte. L’esercito Han assalì la città e conseguì la vittoria. Catturò oltre 1.500 soldati romani e li deportò in Cina. L’imperatore Yuandi ordinò di condurli nel distretto di Fanmu (oggi Yongchang) di costruire un distretto separato col nome di Lijian. Nel 592 d.C., quando gli abitanti di Lijian erano da tempo integrati con i Cinesi Han, l’imperatore Wendi (581–618) della dinastia Sui emanò un editto con cui incorporava Lijian nel distretto di Fanmu. Sino ad allora e per 612 anni il distretto di Lijian era stato separato. Gli storici hanno rinvenuto molte informazioni sull’esistenza e l’evoluzione di Lijian anche in altre fonti.
TRACCE ROMANE ANCORA RICONOSCIBILI
Nel maggio del 93 alcuni archeologi si recarono nel villaggio di Zhelaizhai per effettuare delle ricerche ed un piccolo scavo sul posto. Scoprirono che ciò che gli abitanti del luogo definivano “rovine di Lijian” non erano altro che un muro di cinta molto vecchio. Esso era lungo oltre 10 metri, alto 1–2 metri e sul lato più largo, largo circa 3 metri. Questo muro a forma di “esse” era costruito con fango compresso. Nelle vicinanze si trovavano delle case di contadini. Gli abitanti del villaggio ricordavano che agli inizi degli anni 70 il muro era lungo circa 100 mt., alto tre piani e molto largo nella parte superiore. In seguito la gente aveva usato la terra del muro per vari scopi per cui si era ridotto sempre di più. Nel corso degli scavi vennero rinvenute alcune dozzine di reperti, come pentolame di ferro, vasellame di ferro e di porcellana. Anche gli abitanti del villaggio avevano trovato fondi e schegge di vasellame di porcellana con disegni a cordoncino, durante la costruzione delle fondamenta delle case e lo scavo dei pozzi. Tutti questi resti appartenevano alla dinastia Han. Alcuni archeologi appresero che un contadino del villaggio Xinghua, non lontano dalle rovine, aveva ritrovato, durante lo scavo di un pozzo, un grosso legno tondo lungo tre metri provvisto di più aste di legno. Questo era conservato nel centro culturale del distretto. Dopo l’analisi di questo legno, gli archeologi avevano spiegato che probabilmente si trattava di uno strumento che i soldati romani avevano usato per costruire il muro di cinta costituito da giganteschi blocchi lignei. Gli archeologi condussero altre ricerche anche nei villaggi viciniori. Con grande sorpresa, essi scoprirono che molte persone mostravano tratti somatici mediterranei, come ad esempio naso adunco, orbite profonde, capelli biondi e ricci e statura alta e imponente. Il trentanovenne Song Guorong, è uno di questi. È alto 1,82 metri ed ha un naso aquilino, occhi grandi e profondi come pure capelli biondi e ricci fino alle spalle. Dice che nel distretto ci sono circa cento individui che gli somigliano. Un suo parente è più alto di lui ed ha occhi azzurri. Alcuni bambini del villaggio hanno la pelle bianca e somigliano a bambini europei. In questi distretti vi sono usi e costumi unici. Il più interessante è il sacrificio dei buoi. Molte famiglie cuociono volentieri pane con farina fermentata a forma di testa di bue che loro chiamano naso del bue e che usano come offerta sacrificale. Gli abitanti del posto, nel loro villaggio, a tutti gli incroci più importanti, hanno edificato templi dedicati ai buoi e ne hanno esposto le teste come simboli. Prima dell’inizio della primavera (uno dei 24 giorni di suddivisione dell’anno del calendario lunare cinese, che cade il 4 o 5 febbraio), gli abitanti del villaggio prendono la terra dai fiumi e modellano un bue della primavera nel tempio del bue. Nel giorno dell’inizio della primavera prendono il bue dal tempio e lo distruggono in una cerimonia di preghiera per ingraziarsi fortuna ed un ricco raccolto nell’anno corrente. La tauromachia è uno sport molto amato dagli abitanti locali. Durante questa attività essi portano le mandrie di buoi ad un macello affinché essi odorino il sangue e diventino aggressivi per combattere l’uno contro l’altro. Gli esperti ritengono che questo rito risalga alla lotta dei tori in uso presso i Romani.