IL CIRCOLO DEI CIRCOLI:
IL SIMBOLO DI CIÒ CHE È CAUSA DI SÉ.
di GIANDOMENICO CASALINO.
Estratto da “Sul fondamento”.
Edizioni Arŷa, Genova 2012.
Crediamo di aver sufficientemente evidenziato la pregnanza e la centralità del significato che ha il Circolo, quale simbolo, nella complessa architettura della Filosofia hegeliana, e non solo, atteso che è ampiamente noto il significato profondamente filosofico e spirituale che a tale simbolo riconoscono tutte le tradizioni e culture nonché la sua ricorrente presenza nelle stesse. Già Eraclito afferma chiaramente: “…Comune nel cerchio è il principio e la fine…”. (Diels-Kranz, 22B, 103).
Siamo convinti, pertanto, che l’intera argomentazione sin qui dedotta, tutto il discorso, i concetti, racchiusi nelle due espressioni filosofiche di Spinoza ed Hegel, poste a base della presente opera, siano e possano, anzi debbano essere contenute ed espresse, figurativamente, nel simbolo del Circolo. Ogni aspetto, qualsiasi sviluppo e tutte le conclusioni possibili che si possono trarre da tale pensiero, che abbiamo definito “abissale”, sono presenti in tale simbolo, per la semplice ragione che, come sapeva Hegel e prima di lui Platone, l’immagine, l’alterità oggettuale che raffigura, rappresenta sempre il Pensiero, anche se come “Altro” dal soggetto; essa è altamente eloquente nonché costituente lo stesso Pensiero, solo che esso è situato ancora nella dimensione della Da copiare e incollare in testa all’articolo, sostituendo autore, titolo e anno del libro: rappresentazione e quindi della dualità.
Ciò nonostante, avendo il Simbolo per “oggetto” lo stesso Sapere della scienza filosofica, ad essa è necessariamente propedeutico, per non dire preparatorio alla “iniziazione” nei confronti della comprensione della stessa. Il Simbolo, quindi, avvicina, collega, unisce ( sýmballo = unire, far combaciare i due pezzi di un oggetto che, in origine, era uno; mentre diabàllo significa il contrario cioè separare, dividere, da cui diabolico ); sarebbe sufficiente riflettere su ciò, per comprendere che la funzione, nel senso di finalità medesima, del Simbolo è quella della riunificazione, della riunione, del far ritornare ad essere Uno; ogni Simbolo, se si pone mente, non fa che prendere, catturare la nostra attenzione, per condurci, a volte anche nostro malgrado, cioè anche se volontariamente o secondo la nostra coscienza di veglia, non lo desideriamo o vogliamo, “oltre” lo stato spirituale in cui ci troviamo, per trasferire lo spirito medesimo, la nostra mente, verso “qualcosa” che non pensiamo per concetti, che non esprimiamo con argomentazioni mediate, ma sentiamo, esperiamo, avvertiamo, con tutto il nostro essere, nei termini e con le modalità che si possono esprimere, però con estrema difficoltà, come pensieri immaginosi o pensare per immagini; che è quello che Corbin definisce Mundus Imaginalis , quale Mondo terzo, situato tra quello visibile-terreno e quello Invisibile-intelligibile; terzo poiché è, proprio come la simbolica, mediatore, traghettatore verso l’Intelligibile che, come è evidente, è il Sapere, la Scienza cioè la Filosofia quale sapere dell’Assoluto ed è, nella identificazione con Lui, il Sapere del Sé quale Assoluto; giungendo a questo stadio, che è oltre il simbolico, la riunificazione è perfezionata: il Sýmbolon , cioè il “legame”, ha svolto la sua funzione ed i “due” pezzi di cuoio (come avveniva quale prova da produrre della esistenza del sinallagma contrattuale nell’antica Atene…) sono “di nuovo” uniti, sono “di nuovo” un solo cuoio. Riemerge così il concetto, una volta che il pensiero per immagini lascia il posto a quello per concetti e ciò si eventua, come abbiamo accennato innanzi, dopo l’ultima esperienza del grado o della dimensione della “stazione” iniziatica relativa, che precede la “meditatio”, che è la “ cogitatiomediata cioè argomentata, ancora dianoetica che vuol dire sviluppata e discussa, vissuta e dialogata, la quale, forse, condurrà alla nóesis, alla visione intellettiva che è il Sapere rammemorante dell’Identità suprema.
L’etimo e cioè la verità della parola “Simbolo”, esprime dunque ciò che con le argomentazioni innanzi dedotte abbiamo definito il Risultato come il “nuovo”, il “giovane” che è “l’antico”, il “vecchio”, il Ritorno all’Inizio: il congiungimento delle “due” realtà non sono altro che il ritornare ad essere uno di “qualcosa” che appare nuovo ma è, nella sua essenza unitaria ed identitaria, ciò che “era” da sempre uno.