LA SCALATA DELLA MONTAGNA COME METAFORA DEL PERCORSO INIZIATICO.
di MARIANO BIZZARRI.
Estratto da “Arthos”.
N° 28 del 2019.
Edizioni Arŷa, Genova.
In tutte le tradizioni la montagna è luogo simbolico – metafora, o meglio, sostituto “analogico” – di uno spazio verso cui procedere affinché “avvenga ciò che deve avvenire”.(1)
Tutto questo lo spiega bene René Daumal (1908 ‑1944)(2) – controverso e per certi versi enigmatico autore francese della prima metà del secolo scorso – nel suo romanzo incompiuto Mont analogue (Monte Analogo).
“La Montagna è il legame tra Terra e il Cielo. La sua cima unica tocca il mondo dell’eternità e la sua base si ramifica in molteplici contrafforti nel mondo dei mortali. È la via per la quale l’uomo può elevarsi alla divinità e la divinità rivelarsi all’uomo. I patriarchi e i profeti dell’Antico Testamento s’incontrano faccia a faccia con il Signore in luoghi elevati”.(3)
E più oltre specificava come, “perché una montagna possa assumere il ruolo di Monte Analogo […] è necessario che la sua cima sia inaccessibile, ma la sua base accessibile agli esseri umani quali la natura li ha fatti. Deve essere unica e deve esistere geograficamente. La porta dell’invisibile deve essere visibile”.(4)
Per cui, “Con questa montagna come linguaggio, parlerò di un’altra montagna che è la via che unisce la terra al cielo, e ne parlerò non per rassegnarmi, ma per esortarmi”.(5)
Recarsi sulla Montagna vuol dire “chiedere udienza” alla divinità,(6) per ascoltare quella “Parola” in cui la realtà si sostanzia e che permette di conseguire la vera immortalità, quella dello spirito.
NOTE
1) È propriamente questo il significato del lemma “avventura”, che individua un futuro in cui si attualizzi ciò che permette di realizzare quanto – in germe – è già contenuto nel presente.È questa una definizione tutta iniziatica che, quando riferita all’essere, concepisce quest’ultimo come “ente in divenire e in perfezionamento continuo”, concetto mutuato dalla tradizione estremo-orientale (ma altresì incluso nella speculazione filosofica eraclitea) e ben presente in Daumal che scrive “si vede a se stessi come a qualcosa che deve giungere a compimento, una visione sfalsata da raddrizzare, un miscuglio chimico da trasformare, una moltitudine da unificare”(René Daumal, Pour approcher l’Art Poétique Hindou, Cahiers du Sud, juin-juillet 1941, p. 253). Niente quindi in comune con l’accezione corrente del termine “avventura” in cui la modernità ha voluto imprimervi il marchio del rovesciamento simbolico. Avventura è comunemente considerata ciò che permette di evadere dalla realtà, per accedere a fonti di sensazioni che alimentano l’Io, tutte circoscritte alla sfera psichica a cui finiscono con l’ancorare l’essere ancor più tenacemente, proprio in virtù della loro speciale intensità. Questa è una dimensione squisitamente estetica, del tutto estranea all’autentica realizzazione spirituale. Come Evola avrebbe sottolineato, questa concezione assolutamente moderna dell’avventura porta a “esasperare una percezione puramente fisica, chiusa, dura della personalità e della virilità, la quale nell’uomo moderno è già anormalmente sviluppata e non costituisce certo la condizione migliore per la riconquista di una spiritualità vera, liberata, trascendente” (J. Evola, Meditazione sulle vette, a cura di R. del Ponte, Mediterranee, Roma, 2003, p. 88).
2) René Daumal (Boulzicourt, Ardenne, 16 marzo 1908 – Parigi, 21 maggio 1944). L’interesse per Daumal è venuto crescendo nel corso dell’ultimo ventennio – dopo la riscoperta avvenuta negli anni ’60 quando venne ad essere per la prima volta nettamente “dissociato” dal surrealismo — beneficiando di una sorta di riscoperta che ha portato alla pubblicazione di numerosi saggi ed alla ristampa di molte sue opere. Una bibliografia (non esaustiva) sull’argomento ricorderà i seguenti titoli: Opere di René Daumal: 1. R. Daumal, Il lavoro su di sé. Lettere a Geneviève e Louis Lief, a cura di C. Rugafiori, e al., Adelphi, Milano, 1998; 2. R. Daumal, Lanciato dal pensiero. Saggi e traduzioni dal sanscrito. A cura di C. Rugafiori e L. Simini, Adelphi, Milano, 2019; 3. R. Daumal, Pataphysical Essays, a cura di Thomas Vosteen, Imagining science, 2012. 4. Rene Daumal, Au-delà de l’horizon, Corti Ed., 1998.5. R. Daumal, Chroniques cinématographiques (1934). Au signe de la licorne, Gallimard, 2004. 6. R. Daumal, Correspondance avec les Cahiers du Sud, Au Signe de la Licorne, 2006. 7. R. Daumal, (Se dégager du scorpion imposé). Poésies et notes inédites (1924–28), 2014, Éditions Éoliennes. 8. R. Daumal, Poésie noire et poésie blanche, 2015, Voix d’encre. 9. R. Daumal, Ecrits pataphysiques, Au Signe de la Licorne, 2016 ; 9. R. Daumal, Les limites du langage philosophique, suivi de La guerre sainte. Éditions la Tempête, 2018 ; R. Daumal, La Guerra Santa,Ursae Coeli, Roma, 2019. Saggi su Daumal: 1. R. Marcaurelle, René Daumal : Ver l’éveil définitif, L’Harmattan, 2004. 2. Basarab Nicolescu et al., René Daumal et l’enseignement de Gurdjieff : Etudes, correspondances et documents inédits, Sagesse, 2015. 3. Jean-Philippe de Tonnac, René Daumal, l’archange, Grasset, 1998. 4. Collectif, Dossier H : René Daumal, L’age d’Homme, 1993. 5. René Daumal, Maximilian Gilleßen, e al., Das große Besäufnis, Zero Sharp, 2018.
3) RENÉ DAUMAL, Il Monte Analogo, Adelphi, Milano, 1968, p. 15. Daumal comincerà a scrivere il suo racconto subito dopo la pubblicazione de La Guerre Sainte (1940), lavorandoci a ritmi interrotti fino all’aprile del 1944, quando la morte – sopravvenuta a seguito della tubercolosi in un fisico provato – lo coglierà prima che potesse scrivere l’ultimo capitolo. La prima edizione francese venne fatta da Gallimard (Parigi) nel 1952. Inspiegabilmente (e disgraziatamente) la versione di Adelphi riporta, in appendice una versione troncata della postfazione originaria, redatta dalla moglie di René Daumal, Vera Daumal.
4) R. DAUMAL, Il Monte Analogo, Adelphi, Milano, 1968, p. 17.
5)Ibidem, p. 135.
6) In cinese “andare in pellegrinaggio” significa appunto recarsi sul monte per avere udienza.